News – Sconcerti: “Calcio e povertà, l’Italia non può uscirne da sola”
Sconcerti: “Calcio in povertà”
Il noto giornalista sportivo Mario Sconcerti è stato intervistato dai colleghi de Il Corriere della Sera a proposito del delicato tema Coronavirus che sta avendo notevoli ripercussioni anche nel mondo del calcio.
Sui tagli degli stipendi, Sconcerti dice: “La nuova povertà del calcio e le conseguenze sul mercato non sono un problema che l’Italia può risolvere da sola. Conta pochissimo che Federcalcio, Lega e Associazione calciatori si riuniscano. Nessuno di loro rappresenta davvero i calciatori, cioè quelli che devono accettare il taglio, quindi non esiste tavolo. Esistono società che stanno perdendo oltre 700 milioni di euro per l’inattività e hanno fretta di intervenire, ma non sono aziende che danno lavoro con contratti a tempo indeterminato. Il loro legame con i calciatori è a tempo. Non hanno potere di intervento su cose che sono nel contratto. In Serie A ci sono circa 500 professionisti, i loro ingaggi passano dai 100 mila euro dei giovani e degli scarsi ai 31 milioni a stagione di Cristiano Ronaldo.”
Continua poi: “Ognuno è garantito da contratti personali diversi l’uno dall’altro. Non sono lavoratori dipendenti, sono professionisti autonomi che prestano un servizio. Possibile che accettino di rivedere la posizione con il club perché anche loro capiscono che il lavoro è in ginocchio, hanno fretta di riavere certezze. Un club può essere costretto a interrompere i pagamenti da un giorno all’altro. Fin’ora, i giocatori sono stati garantiti dalla liberatoria di fine anno in cui confermano di essere stati pagati, pena la non iscrizione al campionato della società insolvente. Potrebbe venire meno la «necessità» dei club di pagare il calciatore per questo fine stagione eccezionale”.
Infine, Sconcerti conclude dicendo: “Il popolo dei calciatori è vasto e complesso. Un’idea potrebbe essere quella di fare tagli per zone d’ingaggio, una specie di scala fiscale. Più basso è l’ingaggio, meno forte è il taglio. Più in alto si va e più si interviene. Ma temo ci vorrebbe l’esercito”.