INPS – Quattordicesima non pagata o in ritardo, ecco che sta succedendo
INPS – Quattordicesima non pagata o in ritardo, ecco che sta succedendo
Nel mese di luglio l’Inps eroga la quattordicesima mensilità in favore di coloro che hanno maturato i requisiti di legge. La quattordicesima è un importo erogato ai lavoratori dipendenti in aggiunta alle dodici mensilità ordinarie e alla tredicesima. Spetta ai soli lavoratori dipendenti con esclusione di stagisti, collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori autonomi.
In questi casi il lavoratore deve attivarsi per chiedere il pagamento di quanto a lui spettante. Come riporta laleggepertutti.it occorre, tuttavia, prestare attenzione ai termini di prescrizione nell’esercizio del proprio diritto in quanto, se superati, il lavoratore potrebbe perdere il diritto a ricevere la quattordicesima.
La somma erogata al dipendente a titolo di quattordicesima, nei casi in cui tale diritto sia previsto dal Ccnl applicato, viene pagata direttamente in busta paga assumendo come parametro di riferimento la retribuzione del lavoratore nel mese di erogazione. Ciò vuol dire che se un lavoratore a tempo pieno riceve la quattordicesima con la busta paga di luglio 2020 e, a giugno 2020, la sua retribuzione mensile è aumentata a causa di un avanzamento di livello di inquadramento, la quattordicesima sarà pari al nuovo reddito incrementato e non al vecchio reddito precedente all’aumento di livello.
Se, invece, nel corso del periodo di maturazione della quattordicesima, il dipendente subisce una modifica dell’orario di lavoro, che incide inevitabilmente anche sulla sua retribuzione, la quattordicesima dovrà essere calcolata pro-rata, ossia, si dovrà calcolare il rateo maturato durante i mesi ad orario di lavoro ridotto e sommarlo al rateo maturato durante i mesi di lavoro full-time.
Per quanto concerne il calcolo, al pari della tredicesima, la quattordicesima è un istituto retributivo a maturazione progressiva. Ciò significa che per ogni mese di servizio si matura un rateo di quattordicesima e una volta raggiunta la data prevista per l’erogazione viene corrisposto al lavoratore il totale dei ratei maturati nel periodo di maturazione.
Il rateo di quattordicesima viene calcolato dividendo l’importo della retribuzione lorda del mese di riferimento per dodici.
Per quanto concerne il trattamento fiscale e contributivo, gli importi erogati al lavoratore a titolo di quattordicesima sono assoggettati a tassazione piena ed a contribuzione previdenziale piena. Nella busta paga del mese in cui riceve la quattordicesima, il lavoratore avrà evidenza delle trattenute operate e del netto erogato.
Può accadere che, nel mese di pagamento della quattordicesima previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavooro, il lavoratore non riceva l’importo a lui spettante. In questi casi, ci sono varie possibilità, che dipendono dalle circostanze concrete del singolo contesto aziendale.
Può accadere che il datore di lavoro si trovi in un momento di temporanea difficoltà economica e chieda ai lavoratori di pazientare qualche mese per avere la quattordicesima. Se, invece, senza alcuna informazione preliminare, il datore di lavoro omette di pagare la quattordicesima la situazione è diversa.
In questo caso, i passaggi da seguire sono i seguenti:
- il lavoratore dovrebbe contattare l’ufficio del personale e chiedere informazioni a riguardo;
- se la risposta è evasiva il lavoratore deve inviare al datore di lavoro un sollecito di pagamento quattordicesima. Il sollecito può essere scritto direttamente dal lavoratore oppure da un patronato o da un avvocato;
- se non viene data nessuna risposta nemmeno al sollecito, occorre agire per il recupero coattivo del credito, attivando la procedura di esecuzione forzata.
Occorre tenere in considerazione il fatto che la quattordicesima non è un diritto del lavoratore previsto dalla legge ma introdotto solo dai Ccnl. È dunque nel Ccnl che si trova la disciplina specifica della quattordicesima, anche con riferimento al mese in cui deve essere pagata e ai termini per il suo pagamento.
I crediti del lavoratore si prescrivono in cinque anni. Tale principio, tuttavia, non si applica al credito da quattordicesima. Con riferimento alla tredicesima e alla quattordicesima, secondo l’interpretazione della Cassazione opera la prescrizione presuntiva triennale. La legge prevede, infatti, che si prescrive in tre anni il diritto dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese. Lo stipendio mensile, dunque, si prescrive in cinque anni ma le mensilità aggiuntive in tre anni.
Tuttavia, la prescrizione triennale non costituisce prescrizione in senso proprio, ma una prescrizione presuntiva. Ciò in quanto non comporta l’estinzione del diritto tout court, ma si limita a prevedere che, di fronte al passaggio di un certo periodo di tempo (in questo caso tre anni), scatti una presunzione legale del soddisfacimento del diritto.
In altre parole: dopo tre anni si presume che la quattordicesima sia stata pagata ma tale presunzione può essere superata fornendo in giudizio la prova contraria (ossia, attraverso la confessione giudiziale del datore di lavoro o il deferimento del giuramento decisorio).
Un altro problema da affrontare, oltre al termine di prescrizione, è l’individuazione del momento in cui il termine di prescrizione inizia a decorrere. La regola generale in materia di prescrizione prevede che la stessa inizi a decorrere da quando il credito è divenuto liquido ed esigibile. Nel caso della quattordicesima, ad esempio, se il Ccnl prevede che tale mensilità aggiuntiva debba essere pagata il 27 luglio, la prescrizione inizia a decorrere il 27 luglio, ossia nel momento in cui il pagamento era esigibile.
Nell’ambito dei rapporti di lavoro, tuttavia, la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha introdotto il principio secondo cui, nei rapporti di lavoro privi della cosiddetta stabilità reale, ossia di una forte protezione in caso di licenziamento illegittimo, la prescrizione non può decorrere in costanza di rapporto ma solo al momento in cui il rapporto di lavoro cessa. Ciò in quanto, secondo i giudici costituzionali, il lavoratore, durante il rapporto, a causa della sua posizione subalterna rispetto al datore di lavoro (il cosiddetto metus) non sarebbe in condizione di attivare i propri diritti e, dunque, sarebbe indotto a rinunciare a far valere quanto a lui spetta.
Fino al 2012, la situazione era abbastanza semplice: nelle aziende con più di quindici dipendenti, per le quali era prevista, in caso di licenziamento illegittimo del lavoratore, l’applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (reintegrazione nel posto di lavoro) e nel pubblico impiego la prescrizione iniziava a decorrere anche durante il rapporto di lavoro; al contrario, nelle altre aziende la prescrizione iniziava a decorrere solo alla fine del rapporto.
Leggi anche: Cambiano i requisiti per il Bonus 800 Euro.