Bonus 1000 Euro – Arrivano degli ostacoli per le Partite Iva
Bonus 1000 Euro – Arrivano degli ostacoli per le Partite Iva
Come è noto il decreto Cura Italia ha disposto un bonus di 600 euro per il mese di marzo, elargito a tutti senza distinzioni di reddito o di altri requisiti.
Lo stesso è accaduto per il mese di aprile, con un sostegno di altri 600 euro alle partita Iva e agli autonomi, alcuni dei quali però devono ancora ricevere i soldi sul conto corrente.
Gli aiuti a pioggia di marzo e aprile saranno seguiti da un altro bonus a maggio, più corposo dei precedenti, ma con dei requisiti d’accesso ben precisi e piuttosto stringenti.
L’indennità prevista dal decreto Rilancio salirà da 600 a 1.000 euro e sarà riconosciuta ai liberi liberi professionisti titolari di partita Iva attiva al 19 maggio 2020, iscritti lal gestione separata Inps e che non siano titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
A ricevere l’indennità di 1.000 euro a maggio saranno anche i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, iscritti alla gestione separata Inps, che abbiano cessato il rapporto di lavoro alla data del 19 maggio 2020, ma anche ai lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra l’1 gennaio 2019 e il 17 marzo 2020.
Come detto prima, la platea dei beneficiari si ridurrà rispetto a quella del bonus dei 600 euro, perchè i 1.000 euro a maggio saranno riconosciuti ai soggetti indicati poc’anzi che presentino determinati requisiti.
Sarà necessario infatti che il richiedente abbia registrato una riduzione di almeno il 33% del fatturato nei mesi di marzo e aprile 2020, rispetto allo stesso bimestre dello scorso anno.
Il reddito in questione sarà da calcolare secondo il principio di cassa, come differenza tra compensi percepiti e costi sostenuti per l’attività, incluse le eventuali quote di ammortamento.
Un’operazione alquanto complessa quella della definizione del reddito bimestrale, per la quale si presume bisognerà fare riferimento alla disciplina tributaria del reddito di lavoro autonomo.
Per le quote di ammortamento invece bisognerà procedere a definire quelle relative ai due mesi di riferimento in ragione dei 2/12 dell’intero anno.
La determinazione del reddito è ancora più complicata per le partita Iva che adottano il regime forfettario.
Questo perchè in tali casi, non avendo tenuto la contabilità né il libro dei beni ammortizzabili, la determinazione del reddito dei due bimestri, utile per la verifica richiesta dall’articolo 84 del decreto rilancio, dovrà essere effettuata ripartendo, praticamente, da zero.
Diversamente da quanto accaduto per il bonus dei 600 euro di aprile, accreditato in automatico a chi aveva già ricevuto quello di marzo, per l’indennità dei 1.000 euro a maggio bisognerà presentare una domanda all’Inps.
Al momento non sono ancora disponibili sul sito dell’ente i moduli da utilizzare per la richiesta e non vi è alcuna indicazione sulla tempistica.
Inutile dire che il pagamento del bonus dei 1.000 euro non avverrà prima di luglio inoltrato, considerando anche che la presentazione della domanda non farà scattare automaticamente il bonifico.
Il richiedente dovrà autocertificare il possesso dei requisiti, ma l’Inps una volta ricevuta la richiesta invierà i dati all’Agenzia delle Entrate per una verifica relativi ai soggetti richiedenti.
Solo una volta ottenuto il disco verde dall’Agenzia delle Entrate potrà partire il bonifico dall’ente previdenziale.
Non potranno richiedere il bonus dei 1.000 euro a maggio gli artigiani e commercianti, per i quali però da ieri c’è la possibilità, in alternativa, di presentare la domanda per ottenere 1.000 euro a fondo perduto, a patto anche in questo caso di essere in possesso di determinati requisiti.
Il bonus dei 1.000 euro sarà riconosciuto anche agli iscritti agli ordini che quindi fanno riferimento alle casse di previdenza private.
Come già accaduto per il bonus dei 600 euro di marzo e aprile, bisognerà attendere l’emanazione di un decreto attuativo che assegni alle casse i fondi necessari per pagarlo e definisca i criteri di accesso.
Salvo sorprese dell’ultimo minuti, anche per gli ordinisti il requisito chiave sarà quello della riduzione del fatturato di almeno il 33% nei mesi di marzo e aprile.
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